#2 - 2015.01 - Non sono supereroi


NON SONO SUPEREROI
 

Carissimi, ci siamo lasciati il mese scorso con gli auguri di Natale; ed ora siamo qui a raccontarvi con quanta semplicità e ospitalità le persone qui festeggiano questo grande momento.
Siamo stati invitati al pranzo di Natale da una splendida famiglia che ci ha preparato una zuppa di patate e zucca, un secondo a base di patate, carne di capra e gallina, chapati, papaia, mango, il tutto condito con tanto amore e gratuità.
A fine giornata ci hanno tanto ringraziato per aver onorato il loro invito. Questa frase ci ha toccato nel profondo perché in realtà per noi è stato un vero piacere e ci siamo resi conto che nella nostra cultura non siamo abituati a dare così tanta importanza agli ospiti, mentre per le persone locali l'ospite è sacro e quando si è invitati da qualche parte è bene fermarsi, assaggiare il cibo che viene offerto e condividere un po’ del proprio vissuto. 



Le S. Messe di Natale le abbiamo vissute separatamente: Fabio il 24 sera ha partecipato alla celebrazione per e con le persone di strada. Gli odori forti di alcol e colla da sniffare si mescolavano con il loro forte odore che descrive appieno il loro duro vivere quotidiano. Osservarli pregare a modo loro (molti erano ubriachi e mezzi drogati) ci ha ricordato che Gesù nasce davvero per tutti. 
Ilaria il 25 mattina è andata nella nuova prigione di Nyahururu con i colleghi del St. Martin dove si è cercato di portare un po’ di speranza ai carcerati ricordando che il Bambino Gesù è nato anche per loro. Tutti facciamo i nostri errori, l'importante è saper imparare da questi e non ripeterli più. L'omelia è stata fatta da due ex-carcerati che ora collaborano con il St. Martin e che hanno colto l'occasione per far conoscere i programmi dedicati proprio all'aiuto e al reinserimento nella società di queste persone emarginate.


Il 31 dicembre invece, non potendo stare fuori la notte perché è pericoloso muoversi quando è buio, abbiamo salutato l'anno vecchio e accolto quello nuovo dalle 17 alle 20.30 presso Flora-Farm, una ex residenza di un maratoneta Kenyano che ora è stata trasformata in meeting house per il St. Martin.
C'erano proprio tutti: i bambini del Talitha Kum, i "core members" dell'Arche Kenya, i ragazzini dei centri per Children in Need, vari colleghi del St. Martin e l'Arche, volontari ecc... Ci siamo scatenati al ritmo di musica, abbiamo mangiato un semplice piatto a base di riso, verdure e banana; infine don Mariano ha celebrato la messa durante la quale ognuno di noi ha ringraziato il Signore per tutte le persone incontrate durante il 2014. Ognuna di loro è stata un grande dono!

Con l'anno nuovo è iniziata anche la nuova avventura scolastica per Tommaso.








Con nostra grande sorpresa fin da subito si è inserito benissimo. La teacher Lucy ci sembra essere una brava maestra e Tommy ha già imparato molte canzoncine in inglese e Kiswahili! Il primo giorno di scuola la direttrice ci ha dato il benvenuto e ci ha chiesto di compilare il modulo di iscrizione. Ma, arrivato il momento di scrivere il nome ci ha chiesto "Qual è il secondo nome di Tommaso?" Noi abbiamo spiegato che in Italia si usa solo un nome e un cognome. Ma lei ha ribadito che qui deve assolutamente avere il secondo nome altrimenti non si riesce a completare il format... Perciò ha chiesto come si chiama i padre e infine ha deciso: "Bene, allora da oggi il bambino si chiamerà Tommaso-Fabio!!!!", immaginate la faccia di Tommaso ogni volta che a scuola qualcuno lo chiama "Tommaso-Fabio"!!!



Il 2015 ci ha anche permesso di entrare un pochino più a fondo nelle storie e nelle realtà delle persone che ci circondano. Sebbene stiamo ancora continuando il corso di kiswahili, non mancano le occasioni per stare con i colleghi, con i nuovi amici, con la gente, e con coloro che, ora che sanno che capiamo abbastanza bene la loro lingua, improvvisamente si sono aperti "totalmente".
Ci piace ascoltare, chiedere, sapere, siamo affascinati dai loro racconti, ci sentiamo impotenti di fronte alle loro sofferenze.

Un paio di racconti che ci hanno toccato il cuore e che vorremo condividere con voi sono i seguenti.
Frequentando molto spesso il mercato al centro della città ti si apre un mondo: volti, vite, storie, fragilità, e a volte qualcuno ti fa capire di quanto amore sia capace di donare.











La signora del banco della verdura da cui andiamo di solito ha una storia che merita di essere conosciuta.
Noi la chiamiamo amorevolmente "Mama" (qui tutte le signore vengono chiamate MAMA a cui segue il nome del primogenito, es. Mama Tommaso).
Ultima di 6 fratelli (4 femmine e due maschi), ha avuto la sfortuna di vedere morire tutte le sue sorelle (una dopo l'altra); dopo la morte hanno lasciato i vari figli, chi due, chi tre, chi due gemelli. Qui è normale che i figli vengano presi in affido dalle sorelle e mai dai fratelli. Così lei si è ritrovata in giro di pochi anni con 2 figli suoi, 3 della prima sorella, 2 dell'altra  e 2 gemelli della terza, da dover crescere, mandare a scuola, nutrire, il tutto contando solo sulle proprie forze dato che suo marito è scappato in un'altra città limitrofa e sembra abbia iniziato una nuova vita con un'altra donna. I papà degli altri bambini hanno "semplicemente" deciso di non prendersi cura dei propri figli, chi risposandosi dopo appena due mesi, chi dopo un anno e chi scomparendo nel nulla...

Il secondo vissuto riguarda un'altra donna. Lo staff del programma Children in Need del St. Martin, la settimana scorsa è andato a far visita ad una famiglia di una bambino che ha bisogno di aiuto. Non si sa il suo vero nome ma tutti lo chiamano "DJ" perché da grande vorrebbe diventare un dj. Una volta che i membri dello staff sono arrivati sul posto si sono trovati davanti una famiglia di 8 bambini e una mamma malata di HIV che vivono ammassati in una piccola stanza che funge da camera da letto e cucina assieme. Il papà non c'è perché scappato in un'altra città. Nessuno dei bambini può andare a scuola perché la mamma non può permetterselo. Lo staff era convinto di dover aiutare quel bimbo mandandolo a scuola, invece la madre con tanta umiltà a risposto loro che ha bisogno di cibo per tutti i figli dato che lei essendo ammalata non può lavorare; la priorità per lei in questo momento non è la scuola ma nutrire le sue creature. Non sapevamo più cosa rispondere a questa donna. Così hanno deciso che in quel momento l'unica risposta che si potesse dare era un messaggio di speranza proprio dove la speranza sembra essere sparita (questa storia ci ha ricordato il profeta Ezechiele durante il suo predicare "Give hope in a hopeless situation").



Da quando siamo qui abbiamo imparato a vivere ogni giornata come un dono e ce lo insegnano tutte queste persone. Non sono super eroi ma semplici e umili persone che con il loro vivere quotidiano donano speranza alla loro vita. Spesso ci interroghiamo su questo punto perché facciamo tanta fatica a capire come mai noi siamo così fortunati... Forse questo non è il tempo per capire ma per fidarsi. Sappiamo che il Signore vuole solo amarci e ci amerà sempre.
Crediamo che questa sia la Missione che Dio ci ha affida in questo momento: stare con la gente senza avere la pretesa di avere tutte le risposte.

Fabio Ilaria Tommaso Edoardo.

1 commento:

  1. Carissimi,
    le risposte le stade dando a tutti noi....un abbraccio!!!
    Giovanna

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